venerdì 4 gennaio 2013

Cortocircuiti karmici, ovvero come chiesi una cosa e me ne venne offerta un’altra


vorrei sorvolare sul lungo lunghissimo silenzio che ha investito questo blog durante tutti questi mesi, potrei avere una scusa per ognuno dei mesi di silenzio (più facile per i mesi estivi…si sta spesso fuori casa, c’è il mare che ci attira, ogni ciappinismo in casa viene sospeso causa caldo e anche cucinare di fatto diventa il festival dell’insalatina per cui poca gloria in generale). E siccome con gli anni ho imparato a non fare promesse poco sostenibili non ci provo nemmeno a dire che da domani scriverò ogni giorno. Se succederà sarà per tutti una lieta sorpresa (anche perché ho diverse ricettine da esporre e diverse idee di omdesain da condividere)
Oggi però voglio puntare l’attenzione su una cosa che mi è successa in questi giorni e che ora sta diventando di fatto il mio punto di partenza per le riflessioni sull’anno nuovo.

Dopo varie telefonate al centro clienti del mio operatore telefonico mobile riesco a ottenere un nr di fax per poter inoltrare la mia richiesta / reclamo (che è facile…sono 20 anni che sono insieme a voi, è la mia storia d’amore più lunga e mai una volta che mi abbiate regalato dei fiori o portato fuori a cena…se non cambia la musica io vi lascio e mi metto con il vostro migliore amico), e visto che chi me lo fornisce mi garantisce un intervento fulmineo nonostante stiamo ancora parlando di fax nel 2013, con la passione che contraddistingue chi vuole salvare una storia d’amore dopo tutto proficua e serena, faxo il fax e attendo la telefonata.
Che giunge. Puntuale dopo pochi giorni. E che io perdo perché nel frattempo ho anche serii problemi con il cellulare che a volte si oscura senza dire nulla. Ma nessuna paura, evidentemente anche dall'altra parte c’è la volontà di salvare la nostra storia. Per cui..richiamano. E io..non rispondo perché il nuovo gioco del mio vecchio telefono è quello ora di non vibrare e non suonare quando è sotto carica.
Fulminata da un’idea geniale, una di quelle che mi vengono sempre a inizio anno, richiamo il centro clienti e chiedo se può confermarmi che quello strano numero sia un loro numero e se c’è rischio che non richiamino avendo già provato due volte (anche l’uomo più tenace molla il colpo facilmente..è la loro s-e-m-p-l-i-c-e natura), la signorina risponde con dettagli interessanti: “le confermo che è un nostro numero, tra l’altro ho visto che la pratica del suo fax è stata presa in esame ieri e risulta attiva, sicuramente la richiameranno ma in ogni caso ora li sollecito”.

Stupita da questa ondata di velocità e professionalità scaturite da un fax rimango ad attendere il terzo tentativo di salvare questo matrimonio con un'aspettativa sempre più crescente..e finalmente arriva la tanto sospirata telefonata: “salve signora cimette, vedo dal nostro terminale che lei è una cliente XXX per telefonia mobile, io la chiamo per proporle UNA SPECIALE PROMOZIONE PER ATTIVARE CON NOI LA LINEA FISSA DI CASA E INTERNET”
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Credo sia stata la prima volta in vita mia in cui un’operatrice telefonica non abbia insistito dopo aver ascoltato la mia risposta.
Io mi chiedo…c’è una lezione da imparare da questo strano caso? Qualcosa che mi possa portare dietro in questo anno appena iniziato? …sono certa di si…
Come prima cosa mi sono resa conto che a volte noi diciamo quello che vogliamo, chiediamo addirittura di ottenerlo ma l’universo ci restituisce una controfferta che è solo una pallida parente di ciò che avevamo chiesto, quasi come a dirci in faccia: io me ne frego di quello che hai chiesto, stavolta quello che puoi ottenere è questo, se ti va bene ok, altrimenti riprova più tardi.
…nemmeno la signorina Rottenmeier era così poco amorevole con Clara..
Inoltre, dopo tutta la letteratura che ci insegna che basta chiedere all'universo (certo, nel modo giusto) e ciò che vogliamo verrà attirato nella nostra vita, mi chiedo se non sia piuttosto il fatto che a volte crediamo di aver chiesto la cosa giusta ma magari non lo abbiamo fatto..o lo abbiamo fatto con poca convinzione..e subito ci viene restituito qualcosa che ci fa capire che il segnale è inequivocabilmente arrivato male.
Ecco…detto che continuo a non volere nessuna offerta per una linea fissa + internet, ho capito che in questo anno appena nato voglio impegnarmi per sintonizzarmi sulla giusta frequenza, per ripulire il mio segnale e per non farmi distrarre da offerte e promozioni che non mi servono.
Auguro a tutti di trovare ognuno la propria frequenza e di essere in grado di chiedere la cosa giusta, nel modo giusto e nel momento giusto. ..di offerte vantaggiose che non vi interessano ne arriveranno molte..l'importante è riconoscere se è quello che volete o no. 
tanto...se vi serve solo una rete fissa…posso darvi il numero di telefono di un’operatrice molto gentile. E non insistente.
Cimette is on air..again..

domenica 12 febbraio 2012

torta della seconda domenica di neve

Che uno..come dire..resiste. Resiste alle intemperie, resiste alle difficoltà negli spostamenti, resiste al senso di armageddon imposto dalle tv regionali e nazionali (coadiuvato dal fatto, eccezionale e preoccupante, che il padre supereroe e tuttofacente per eccellenza, non riesca a dormire la notte preoccupato dal peso specifico della neve gravante sui terrazzi di casa in romagna – una casa di nuova costruzione e, mi auguro, logiche strutturali quanto meno moderne)..insomma uno resiste.
E nonostante i disagi portati dal continuo nevicare tenti anche di modularti sui nuovi ritmi, ti ritagli del tempo di euforia bambinesca andando a fare a gara di palle di neve o andando a ‘bobbare vintage’ (aka usare dei sacchi hera per la raccolta carta come bob) a villa ghigi, rallenti ogni neurone e provi con gioia a vivere in simbiosi con quel che la natura fuori sta chiarendo a lettere piuttosto grandi: è inverno e io nevico. Perché sì.
Ma dopo due settimane in cui non conosci altra scarpa al di fuori dell’ Hunter, in cui ogni volta che ti viene fame pensi a zuppe, minestre, brodini e consommé lo sai che arriverà un punto in cui la tua mente farà come madre natura: è inverno e io voglio il cioccolato. Perché sì.
Così ieri ho comprato un libro di cucina sul cioccolato e oggi ho elaborato la mia ricetta prendendo spunto da un paio di ricette del libro riviste un po’ in dosi e ingredienti:
Per la base della torta ho preso ca. 120 gr di farina bianca e l’ho setacciata con ca. 40 gr di cacao amaro in una terrina. Ho aggiunto 2 cucchiai colmi di fruttosio a velo (la ricetta diceva zucchero a velo ma io l'ho sostituito con il fruttosio) e poi ho aggiunto 50 gr di burro ammorbidito e ½ tuorlo. La ricetta originale elargiva porzioni molto più generose di burro per cui per compensare ho usato un po’ di latte. Ho poi impastato il tutto fino al completo assorbimento del burro e ho formato una palla che ho messo a riposare in frigo nella pellicola trasparente per ca. 1 ora.
Una volta passato il tempo di riposo della pasta ho lavorato l’impasto con mattarello e creato un disco tondo di ca. 26/28 cm di diametro che ho steso poi in una tortiera di 23 cm di diametro ricoperta da carta da forno. Mi sono aiutata con le dita per creare un bordo alto almeno 2/3 cm. Ho bucherellato la pasta con una forchetta e infornato in forno preriscaldato a 180° per ca. 15 min. Nel frattempo ho preparato la farcitura mettendo in un pentolino 120 ml di panna liquida fresca insieme a 150 ml di latte (io ho usato il parzialmente scremato, immagino quello intero sia ancora meglio). Ho portato il tutto a ebollizione e poi, tolto dal fuoco, ho aggiunto 170 gr di cioccolato fondente (scegliendo quello al 72%), un paio di cucchiai di fruttosio e mescolato fino a ottenere una crema omogenea. Ho aggiunto a questo punto un uovo intero più il resto dell’uovo usato per la base e mescolato ancora un po’. Visto che l’accostamento mi piaceva e li avevo in casa ho aggiunto al composto ca. 50 gr di frutti rossi misti (nel mio caso era un misto di more, ciliegie nere e lamponi ma anche i mirtilli vanno benissimo).
Una volta sfornata la base ho riempito la torta con la crema di cioccolato e frutti rossi e ho rimesso in forno, sempre a 180°, per 20 minuti + altri 20 minuti successivi a 150°.
Una volta sfornato bisogna lasciare riposare almeno un’ora, nella quale vi consiglio di distogliere l’attenzione da ciò che avete appena prodotto per lasciare decantare l’attesa.


Io ho portato in cantina i resti dell’albero di natale (ci tenevo a farlo prima di carnevale).

Poi, mentre fuori la neve si placa (chissà per quanto) e cominciano a sentirsi le voci della gente che esce dalle case per imbracciare pala e decongelante..tu stai ascoltando Always true to you in my fashion e assapori una bollente tisana ai frutti rossi accompagnata da una fettina di paradiso. A cui unisci un po' di panna e qualche amaretto spezzato.
Oh..infondo hai resistito ben due settimane prima di cedere al fascino del 72%. E chiunque abbia un rapporto sano con il cioccolato lo sa che è difficile fingere di non sentire la voce. Che credo di aver scoperto essere amplificata elettromagneticamente dalla neve. Sarà questione di onde e frequenze probabilmente. D'altronde è la natura che lo dice: perchè sì.

giovedì 9 febbraio 2012

contro la lobby della cancelleria

Io mi domando e dico: è possibile che nel 2012, dopo aver inventato la nanotecnologia, dopo aver sfornato smartphones, tablets, telefoni che ti parlano se ti senti solo, guanti sensibili al calore che ti permettono di digitare messaggi sulle tastiere touch senza ibernarti le falangi (durante un inverno che tra l'altro 30 anni fa sarebbe stato normale)..non siamo ancora in grado di trovare un'alternativa efficace ai maledetti topi bianchetti?
Chi c'è dietro questo scandalo?? Qual'è la lobby della cancelleria che per propri tornaconti personali persiste nel tenere in commercio questi maledetti trabiccoli plasticosi che funzionano per i primi 10 cm dopodichè il nastro bianchetto si attorciglia dentro e a nulla vale inserire la matita per sbobinare il tutto come fosse la cassetta The Game dei Queen???
E lo sfregio di farteli trasparenti come a garantire che puoi vedere il loro funzionamento interno e prontamente redimere ogni ribellione del nastro? Mentre in realtà puoi solo constatare che da qualche parte al suo interno, in un punto in cui nessuna punta di matita potrà mai passare, il nastro si piega su se stesso. Svariate volte. E tu ti senti impotente. 
Ma questi corporation alike sono parenti di quelli che stanno dietro all'inefficacia pilotata delle creme anticellulite? O ai padroni del petrolio che osteggiano le auto all'idrogeno / al carburante della canna di zucchero / alla farina di mais / al burro di soia?
Basta, mi ribello. E spezzo il nastro. Signor Elica* questo è solo l'inizio. Avvisi il signor Somatoline, che sia pronto anche lui.

* marca dell'infamante bianchetto

mercoledì 1 febbraio 2012

presagi

Metti una domenica pomeriggio ad Artefiera. Da cui ne esci con una forte carica decorativa da dover applicare a qualche oggetto di recupero. (Datemi una vecchia cornice da cartavetrare. Ne ho bisogno)  - Però nell’immediato ho più bisogno di trovare un autobus che mi riporti verso il centro.
Così mi avvicino alla fermata e scorgo un paesaggio umano che subito mi appare come un presagio: gruppo di donne anziane, scarpa decollete-ma-comoda-taccospianato4, pelliccia, bulbi antigravità (a onor del vero qualcuna sfoggiava anche una frangetta molto contemporanea) e labbra rosso fuoco. Il presagio prende i contorni di una vera epifania quando le sento valutare gli orari dell’autobus e i possibili ritardi scegliendo una linea o l’altra e una dice: “be’ se anche arriviamo a casa tardi che problema c’è? Io non ho nessuno che mi aspetta!”. Quando il girl power diventa  granny power. O la vita ti regala l'onere di essere 'quella che resta'.
E lì, per strane associazioni mentali, ho ricordato una scena che avevo immortalato a Paris qualche tempo prima..non c’è che dire..il futuro verrà ballando.

E avrà un bel bulbo, una scarpetta comoda, il senso del ritmo (soprattutto per i ritmi jazz). E nel mio caso, qualche scheggia di legno nelle mani. Ma soprattutto avrà i contorni di un pomeriggio a spasso con le mie amiche (che sono tutte avvisate: compriamoci una pelliccia – di ecopelle).

questo post lo dedico a unodeidue, lo aspetto difronte a un piatto di gramigna con la salsiccia.

mercoledì 25 gennaio 2012

suggestioni portoghesi

Non ho mai visto Lisbona né il Portogallo. E credo che per una cimetta indoeuropea cresciuta a letteratura e svariate forme d’arte (che siano poi i numeri a regolare il mondo è tutto da dimostrare nella mia personale Weltanschauung) sia un peccato mortale non aver visitato un Paese che ha fatto della malinconia e dello struggimento di cuore e interiorità la bandiera con la quale si annuncia al mondo.
Così ieri sera per prepararmi psicologicamente al viaggio che vedrò di organizzare per colmare il vuoto portoghese ho pensato di avvicinarmi al temperamento del luogo preparandomi una versione alternativa di uno dei piatti più famosi della loro cucina, il bacalhau mantecato. Considerando che non amo il baccalà e che alle 21 di sera puoi solo affidarti a quel che hai in casa direi che si può evincere chiaramente quanto fortissimamente debba andare a Lisbona (e presto).
Così invece del baccalà e della panna ho usato merluzzo e yogurt greco magro. Per il resto gli altri ingredienti sono patate, cimette di broccoli (vere, non io) e pangrattato.
Ho cotto in acqua lievemente salata una confezione di merluzzo congelato di circa 200 grammi (ovviamente sarebbe meglio usare del pesce fresco) e in una pentola a parte 3 patate di media grandezza (a pasta gialla) insieme alla cimetta (mi fa una certa impressione parlare di cimette cucinate devo dire..).
Una volta cotto il tutto, scolare e schiacciare con la forchetta le patate e i broccoli e aggiungere dello yogurt greco magro.
Aggiungere anche il merluzzo schiacciato e mescolare per ottenere una purea abbastanza omogenea.
Mettere il composto così ottenuto in una pirofila e aggiungere del pangrattato con un cucchiaio di olio extra vergine d’oliva. Infornare il tutto per circa 20-30 min in forno preriscaldato a 150° (modalità ventilato se possibile).
Oggi in pausa pranzo mi sono leccata i baffi. Poi li ho appoggiati sulla tovaglietta che sono scomodi per mangiare.

lunedì 23 gennaio 2012

quando si dice errori di digitazione

Piccola postilla sganciata da tutto il resto se volete (che poi, lo dico chiaro e tondo - ora e per sempre - che SPAZIANDO tra un comò e un consommé consente di spaziare appunto)...ieri stavo cercando il testo della canzone 'Testarda Io' di Iva Zanicchi..
Certo, capisco si richieda una spiegazione [non sono così vecchia da averla vista in concerto negli anni 70 né così sbarbi da averla cantata per un'estate intera ri-editata da Giuliano Palma] e la verità è che quella canzone è inserita in una delle scene più belle di un film assolutamente perfetto,  Gruppo di famiglia in un interno, di Luchino Visconti  - con un Helmut Berger in stato di grazia.
Be' cercando con lo smartphone per antonomasia e convinta di aver scritto 'testo testarda io' mi sono accorta di aver scritto 'resto testarda io'.
E sia, non credo agli errori di digitazione. Per cui qui lo dico e lo ridico: io resto testarda.

sabato 14 gennaio 2012

cuore di sedie

Ah, solo per aggiungere un particolare. La mia passione divorante verso tutto ciò che è vecchio e andrebbe rimodernato, risistemato, riassettato, ri-editato, si ferma di fronte a poche cose, ma quando trovi una di queste cose, tutto il tuo ardore si placa in un attimo.
L’intrusa nel quadro, vibrante di vita sua e primario color legno, è un regalo di matrimonio dei nonni di cimette; quella sedia ha più di 50 anni, è stata affacciata al tavolo della famiglia di cimette accogliendo tutte le persone che posso conoscere e accogliendone molte altre che non ho mai conosciuto. Mia nonna se ne voleva liberare perché ormai non era più molto stabile. Forse quando sei sposata da quasi 57 anni non hai bisogno di una sedia che ti ricordi la famiglia che hai costruito. Per me però, che vivo nel tempo delle vaghezze sentimentali postmoderne, ipotizzare un matrimonio della durata di oltre 50 anni (da ora) equivale a credere ai poteri curativi e conservativi della criogenesi. Uno dice 'magari funziona' ma non si offre volontario per l'esperimento. Quella sedia è bellissima così, mai punterò la mia grana 60 su di lei.

giochi di sedie

Se l’illuminazione è un elemento fondamentale in una casa per infondere una certa atmosfera agli ambienti – tralasciamo la natura quasi banale e fisiologica del concetto di LUCE -  è altrettanto vero che prima ancora di creare un’atmosfera devi avere delle sedie su cui far accomodare i tuoi ospiti ..che poi no, scusate, che sono io? La figlia del povero asciugamano? Non ho diritto anche io a sedermi a tavola circondata da luci e lucine senza che ci siano per forza degli ospiti??
Ergo..le mie sedie. Tutte recuperate. Ognuna diversa dall’altra. Una addirittura salvata dal rusco e le altre acquistate nei miei soliti mercatini di cose usate. Tutte hanno una loro storia di cui ignoro ogni dettaglio. Chissà in quali case sono nate, in quali cresciute, con quali persone hanno avuto a che fare. 
Mi affascina proprio l’idea stessa della sedia vecchia, forse tra tutti i mobili recuperati è quella che maggiormente mi attira, perché è partecipe attiva, è coprotagonista a tutti gli effetti. È lì attorno al tavolo quando si mangia, quando si parla, quando si condivide. E, a meno che non stia dialogando con amatori di sedie di design milionarie (amici dei tipi olandesi?) nei confronti delle quali ovviamente non c’è gara, credo di poter affermare che le vecchie sedie di legno che si possono trovare ancora nelle osterie, nei bar retrò, in certi uffici pubblici o nell’atelier di una vecchia sarta che curva su se stessa e alta in tutto 90 cm mi ha rimesso a posto un cappotto in modo perfetto in pochissimi giorni, ecco, tutte queste sedie sono lungamente più resistenti e belle delle varie sedie low cost che si possono trovare in giro.

Il processo per tutte le mie sedie è sempre stato lo stesso: coup de foudre e d'œil insieme per scegliere quelle meno martoriate dal tempo e quelle maggiormente in armonia tra loro, persino quella che ho trovato abbandonata era perfettamente in linea con le altre. Quando si dice le affinità.
Dopo questo, è stato solo grana 60 seguita da grana 140 per intere domeniche, nelle quali i miei amici mi invitavano a pranzo, al cinema, a fare shopping, a giocare a Jenga ma io niente, curva sul mio pezzo di legno da recuperare. Avete idea di cosa significhi cartavetrare una sedia a mano nuda seppur guantata (eh be..)? Potete immaginare il piacere di dover rimuovere la vernice e la patina lucida nelle piegature, nei punti nascosti, nelle intercapedini tra un pezzo e l’altro? Bene..moltiplicatelo per quattro e otterrete lo schema di svariate mie domeniche mattina nonché un’idea decisamente verosimile dello stato di abbandono dei miei polpastrelli. 
Lei è quella che ha rischiato di essere portata via da uno spazzino se non fossi intervenuta in tempo, mi sembrava giusto darle l’onore della foto di dettaglio nelle fasi di ripulitura. E se qualcuno se lo dovesse chiedere..si, la polverina nera che si vede nella foto di sinistra è tutta la polvere di vernice e legno che evaporava dalla sedia per depositarsi generosamente sul mio terrazzino, dentro casa, tra i miei capelli, nei miei polmoni. Le gioie del faidate.

Ma per fortuna, come ho già avuto modo di dire..dopo la cartavetra tura viene la verniciatura, il vero momento di piacere e soddisfazione perché vedi l’oggetto riprendere vita sotto le tue mani. E nel caso delle mie sedie la sensazione di aver ridato vita a qualcosa di vecchio e anonimo è stata ancora più forte, a vederle tutte insieme mi sento come quando da bambine vestivi tutte le barbie coi vestiti nuovi e poi le portavi fuori a giocare al parco, oppure quando giocavi a ‘cucinare’ e sceglievi per ogni pentola giocattolo la zolla di terra, i fiori e i fili d’erba più adatti. 


Una poi mi ha persino rivelato qualche dettaglio della sua prima vita mentre toglievo il vecchio e preparavo la base al nuovo; chissà chi avrà lavorato e per quanti anni sarà stato seduto alla sedia n° 819 di Federmeccanica Milano. Mi piace pensare che chiunque sia abbia vissuto una vita felice (ah che buona che sono) anche se mi piace ancor di più pensare che secondo me la n° 819 è più felice adesso che si affaccia al bordo del mio tavolo e io le faccio persino le foto.


mercoledì 4 gennaio 2012

digressioni fuori tema

In questi giorni particolari in cui l’aria di vacanza rarefà tutto il resto e mi concedo digressioni multiple ho pensato a uno strano fenomeno che mi è capitato di constatare a varie riprese e con vari generi di relazioni umane con i coinvolti: gli uomini hanno scoperto lo zodiaco, l’oroscopo.
Sì, si potrebbe obbiettare che non c’è né una cartavetratina né una zucchina in questo post ma concedetemi delle digressioni antropologiche..tutto ha un senso. E tutto serve.

Quello che per anni è stato l’emblema della superficialità femminile, del non avere argomenti di conversazione perché tanto bastava (bastaVA) fare flap flap con le ciglia per ottenere l’attenzione di un uomo (non a caso nell’ultima scena del film i-n-d-i-m-e-n-t-i-c-a-b-i-l-e Ciao Ma' la commessa  scema Cinzia quando nota il bullo Nico che le si avvicina in metrò offrendole un chewing gum gli chiede con lunghi battiti di ciglia “te de che segno sei?” e poi ride, come a dire…so già che sei mio) ora è diventato un argomento di conversazione che emerge sempre più spesso nelle mie chiacchiere con l’altro sesso.

Ieri sera al compleanno di un’amica incrocio un suo amico che conosce le mappe astrali, le case, i pianeti dominatori e gli intrecci di ognuno dei segni zodiacali, a me ha persino parlato di dove ho lo Zenith e il Nadir e mentre parlava pensavo che certe cose uno dovrebbe scoprirle da solo, mica che tutti ti vengono a dire dove hai lo zenith e dove hai il nadir senza nemmeno sapere come ti chiami!! Ho perso interesse dopo 3 minuti di case, influenze delle maree e nomi vagamente esotici.
A capodanno uno degli invitati alla cena (amico di amici, nessuna confidenza) nel parlare dei reciproci compleanni che cadono proprio a inizio anno mi dice con occhi sognanti: “ma hai letto Brezsny?hai visto che quest’anno è il nostro anno?” E da lì giù chiacchiere e confidenze..che lui non si fidava mai completamente degli oroscopi che negli anni passati avevano detto che anche quell’anno era il nostro anno..che si era fatto fare la mappa astrale con studio dell’ascendente da una ragazza tedesca che STUDIA ASTROLOGIA ALL’UNIVERSITA’ (in un ateneo tedesco) perché l’orario in cui è nato è un orario di passaggio da un ascendente ad un altro e persino questa professionista dei segni non era riuscita a risolvere il dubbio sul suo ascendente..e questo ragazzo qui è invece un personaggio interessante, pensate.
Estate: leggo l’oroscopo di Brezsny del segno del mio ‘petit ami’ dell’epoca e considerando che sembrava scritto apposta per lui e per la giornata epocale che lo aspettava gli mando un messaggio con la frase centrale del suo oroscopo e la fonte (intesa come rivista, non autore, temevo lo sbeffeggiamento). Risposta: Brezsny ha sempre ragione.
La storia non è andata avanti ma credo che Brezsny non c’entri nulla. Anzi, è facile amarlo, io per prima penso che mi conosca personalmente e che abbia il compito di torturarmi ogni settimana con evidenti inviti a non buttare via i miei talenti. (fosse facile), ma insomma diciamolo….qui siamo difronte a un cambiamento epocale! loro sono entrati nel nostro territorio..l'effimero..il non-comprovabile, il 'metti che sia vero'.
Da un lato non mi dispiace affatto ma non vorrei che, per il principio di azione e reazione che regola il mondo, questo fenomeno non portasse a un suo Nadir…

^_`abcdefghi *

* segni zodiacali su words, pacchetto microsoft office per pc, OGGETTO MASCHIO per antonomasia (..)

Questo blog potrebbe cambiare nome..TRE MORSETTI SUL COMO’, SPAZIANDO TRA UNA BRUGOLA E UN PUNZONE. E se riesco sputo anche a terra mentre scrivo.
flap flap flap flap flap flap flap flap flap flap flap flap


lunedì 2 gennaio 2012

apparizioni

non è che voglia per forza continuare a parlare di biciclette (tra l'altro per me è sia una ferita aperta che un argomento che poco c'azzecca con la natura del mio blog) però, e sottolineo però, la vita a volte ti mette difronte a scene che non puoi non notare.
Come ad esempio tornare a casa e vedere che al posto delle due biciclette vecchie e rovinate che solitamente stanno appoggiate al tronco dell'albero davanti a casa tua c'è una cyclette.
E mentre tu ti senti già sufficientemente cretina perchè le fai una foto a futura memoria passa un uomo con una birra in mano che la vede e fa per prenderla. Tu chiedi scusa perchè volevi fare una foto, lui chiede se per caso la 'bici' la volevi tu, tu vorresti rispondere 'si perchè credo sia una bici del tempo, tu pedali e non ti muovi ma è il mondo che torna indietro' poi pensi " chissà se capisce la mia ironia" per cui ti limiti a dire 'no, non ti preoccupare, faccio una foto e vado'.
E mentre scatti e lui sta dietro di te a bere la sua birra ti chiedi se sia peggio lui che è convinto di aver fatto un affare a prendersi una bici senza ruote (anche perchè la sua mise non tradisce un amore viscerale per lo sport da camera) o tu che ti sei fermata a cercare l'applicazione flash per fare una foto meno scura possibile.
Se in quel momento passasse il Mago Gi non farei una piega.
E comunque la gente libera per strada degli esemplari davvero unici.

domenica 1 gennaio 2012

giorni differenti due.zero (2/2)

E ma questo è uno spazio in cui si parla di comò e consommé, dove l’uno o dov’è l’altro nella prima parte del post?? Semplice, non c’è. Perché il primo giorno di un anno appena nato uno può anche concedersi delle divagazioni. Ma per i puristi (e per me in primis) aggiungo una parte dedicata al cenone di capodanno, consumatosi a casa di amici tra fiumi e fiumi di alcool diversificato e kili e kili di cibo multi categoria.
Non potendo portare ad un cena né della carta vetri né dei trucioli di vecchio mobile recuperato mi hanno incaricato di preparare il polpettone (è ormai una tradizione). E io ne ho fatti due, uno di carne e uno di verdure (per un paio di amici vegetariani che ogni volta che facciamo delle cene restano in un angolo a sorbirsi pezzetti di carota come fossero conigli).
Quello di carne me lo gioco per un altro post anche perché la vera sfida è stato quello di verdure..ho deciso di fare un cuore di melanzane e ricotta di bufala ricoperto da una generosa crosta di crema di zucchine.
Per le dosi considerate che ho dovuto cucinare per una 20ina di persone per cui il tutto andrebbe diminuito a meno che non vogliate mangiare polpettone per una settimana o invitare a cena il condominio.
Prendete circa 2 kg di patate e cuocetele in acqua lievemente salata. Nel frattempo frullate 4 melanzane di media dimensione a cui avrete tolto la maggior parte dell’interno spugnoso e strizzatele ben bene per togliere l’acqua in eccesso. Lasciatele poi riposare in uno scolapasta. Eseguite la stessa operazione con 4 zucchine grandi, unica differenza non potrete strizzare la crema di zucchine ma solo lasciar filtrare l’acqua in eccesso. Mentre le patate continuano a bollire prendete un barattolo di ceci cotti al vapore (per 200gr) e togliete la loro pelliccina. Una volta fatto questo passateli al frullatore.
Scolate le patate e schiacciatele con una forchetta per ottenere una purea. A questo punto prendete 150 gr di ricotta di bufala + 150 gr di ricotta di mucca e mescolatele insieme. Dividete il composto di ricotta in due parti uguali. 
In una terrina mescolate le melanzane, la metà di crema di ricotta, un uovo, parmigiano gratt e pangrattato (q.b. per legare) e circa un terzo della purea di patate. Aggiungete semi di papavero e aggiustate di sale. Create un cuore di polpettone con il composto così ottenuto.
Passate poi alla crosta per cui prendete la purea di patate rimasta, aggiungete la crema di ricotta, la crema di zucchine, i ceci frullati, un uovo e ancora parmigiano gratt e pangrattato per legare il tutto. Aggiungete anche qualche dadino di provola dolce (il tutto per circa 100 gr). Un trito di maggiorana fresca e sale per finire.
Stendete il composto nella teglia del forno su carta da forno e una volta creata una ‘mattonella’ adagiate il cuore di melanzane al centro. Richiudete il tutto e create un rotolo perfetto. Spennellate con olio extra vergine d’oliva, chiudete i lembi della carta da forno e infornate per circa 50 min a 180°. Consiglio di ‘insaccare’ il rotolo con dello spago da cucina perché i rotoli o polpettoni che dir si voglia hanno la brutta abitudine di allargarsi e sfaldarsi durante la cottura (maledetto principio chimico-fisico, un giorno ti batterò!!).
Nel frattempo potete preparare dei piselli in padella con soffritto di scalogno che saranno il contorno perfetto per il polpettone di verdure.
Devo dire la verità..la soddisfazione di aver visto i miei amici vegetariani lanciare in aria i pezzi di carota e tagliarsi delle generose fette di polpettone è stata esaltante, quasi al pari del brindisi di mezzanotte.
Auguri due.



giorni differenti due.zero (1/2)

Be’, pare che la carovana festivalizia che ci traghetta da natale a capodanno sia arrivata al suo punto di decantazione massima. Dopo i botti, i trick e track, i tappi di spumanti scadenti e/o costosi (ricorderò per sempre una mia ex coinquilina che in un capodanno in piazza per il concerto di Goran Bregovic sbagliò bottiglia e aprì sulla folla un Berlucchi) siamo arrivati al primo giorno dell’anno. Quello dei buoni propositi.
Ieri ho augurato a tutti i miei amici e alle persone a cui voglio bene di non sprecare nemmeno un giorno di quest’anno appena nato, anche perché pare sarà un po’ più corto degli altri; le risposte sono state varie: alcuni non hanno risposto (e che ti costa cribbio, stai già finendo in uno dei ‘black’ propositi dell’anno nuovo, BASTA BENEFICIENZA), altri hanno rimarcato che essendo bisestile in realtà è pure più lungo, altri (pochi, devo dire forse gli unici che hanno capito la mia sottile allusione al 21.12.12) hanno risposto che sperano che i maya fossero ubriachi e ad un festino molesto quando hanno fatto la loro predizione e qualcun’altro mi ha risposto sorprendendomi: ti auguro lo stesso aggiungendo di non sprecarne nemmeno uno di giorni con persone inutili.
Ecco, io non ci avevo pensato. Io avevo formulato il mio augurio guardando ad un’economia spicciola se volete ..dei giorni fatti di ingorghi lavorativi, di traffico, di problemi, tutti quei tipi di giorni che ti fanno scivolare via la vita senza rendertene conto. Ma chi mi ha mandato quel messaggio ha ragione (senza dire che mi conosce) e per più di una ragione: la tipologia di giorni scialbi, quelli da non ricordare, non potrà mai essere debellata a meno che non ci si ritiri in un eremo o in una spiaggia caraibica tentando di interpretare il rumore del silenzio. La differenza tra subire quei giorni o farne qualcosa di buono sta nelle scelte che facciamo noi. Sta nelle persone con cui decidiamo di impiegare il nostro tempo (quello migliore) e le nostre energie. Entrando ancora un po’ di più nella scatola cinese di rimandi psicologici..la differenza sta in come ti vedi tu quando ‘abiti’ ognuno dei tuoi giorni. Ogni ‘outfit’ dovrebbe portarsi dietro gli accessori migliori, per cui, come non indossereste mai (immagino) una camicia a righe su un pantalone a scacchi (la faccio proprio semplice, non mi addentro in esempi di accostamento cromatico) così non dovreste mai decidere di accompagnarvi a persone potenzialmente righe. O potenzialmente scacchi.
Insomma..riformulo per tutti il mio augurio: che quest’anno appena nato e bisestile ma catastroficamente più corto di 9 giorni, sia un anno in cui ognuno di noi riesca a sentire ogni giorno e riesca a farne qualcosa di buono per se’ - sempre. Il che comporta che se nell’armadio avete una serie di camicie a righe e una serie di pantaloni a scacchi forse è arrivato il momento di fare spazio a nuove camicie o nuovi pantaloni. D’altronde sono giorni perfetti per pulire gli armadi. Fuori iniziano pure i saldi.
Auguri.

domenica 25 dicembre 2011

giorni differenti

"Com'è possibile che esista un giorno così differente dagli altri 364 giorni dell'anno? Come si spiega che per l'occasione l'umanità si comporti esattamente al contrario del solito? Certo è un fenomeno straordinario, uno dei fenomeni più sbalorditivi che siano mai accaduti sulla Terra. Più ci si medita, meno si riesce a capacitarsi. Una faccenda così terribilmente diversa da tutto il resto!Provate, per piacere, a pensarci un po'. [..] Quale sia il motivo, guardateli uno per uno: la mano abituata a bastonare oggi accarezza, la bocca abituata a imprecare oggi sorride, l'avaro è generoso, l'invidioso gode dei successi del collega, il vendicativo è pronto a perdonare. Sissignori, oggi uomini e donne trovano più soddisfazione nella gioia altrui che nella propria. E questo, salvo errore, si può dire un bel miracolo. [..] Basta però che dal calendario cada il foglietto del 26, tutto riprende come prima: gli affanni, le facce dure, gli occhi cattivi [..] Perchè questo voltafaccia? Ecco un problema che non siamo mai riusciti a decifrare. Perchè buoni un solo giorno e poi basta fino all'anno successivo? 
Eppure sembrano felici. Ben strana razza gli uomini. Bravo chi li capisce."
tratto da Dino Buzzati, "Lo strano fenomeno che si chiama Natale", Corriere d'Informazione, 24-25 dicembre 1954.

Buon Natale, che un po' dell'aria strana di questo giorno ci rimanga attaccata come fosse zucchero a velo sul pandoro o come polvere di legno sulle mani quando scartavetri. Difficilissimo liberartene.

venerdì 23 dicembre 2011

aria di casa

eh si, cimette è decisamente tornata a casa.
il colpo di genio è venderle crude..per permettere alle brave massaie romagnole di poterle usare a "suo" piacimento...bollite e passate in padella con soffrittino di cipolla oppure mescolate alla ricotta per i cascioni (dalle mie parti li chiamiamo con la sc) o per i tortelli.
mi piace pensare che la rosola lì di fianco non sia un caso ma piuttosto un vezzo del grafico raccoglitore di erbe (letto con la e moolto stretta).
Se volete rendermi felice regalatemi un bouquet di rosole. Che per chi non lo sa sono l'infanzia dei papaveri. E che qui da noi si mangiano perchè siamo abituati a vedere tutte le erbe possibili (sempre e stretta) in direzione di una sfoglia con o senza uovo. come un mantra..cascioni cascioni cascioni.

giovedì 22 dicembre 2011

preparazione atletica

Come tutti quelli che abitano fuori casa e tornano per le feste natalizie anche cimette sa che quel giorno ogni abbinamento nutritivo che abbia un senso compiuto per la salute e per lo specchio va solennemente a farsi friggere (e dico friggere e non che so..’va a farsi bollire’ perché bollire è un verbo troppo sano) per cui, prevedendo il senso di colpa verso noi stessi che da gennaio ci farà prendere delle decisioni sportive drastiche  - tipo correre al mattino alle 7 con meno 7 o auto infliggersi corsi in palestra dal nome inquietante tipo Boot Camp in cui il momento di relax è la flessione [so di cosa parlo] – cerchiamo di giocare d’anticipo e di contrastare l’effetto pranzo con una serie di allenamenti preparatori.
Il che, considerando che la strada verso il Natale è costellata da una novena di cene, aperitivi & co con amici e colleghi non è propriamente facile. Ma d’altra parte, se hai fatto Boot Camp, la tua mente da marines americano può riuscire nel compito e anzi, ci aggiungi anche una serie di flessioni così..a sfregio!
In quest’ottica il pranzo di cimette al lavoro è un’alternanza di riso in bianco con olio e parmigiano (la sentite la voce della madre superiora del piano geriatria che parla sullo sfondo?) e insalata. Cose non degne di essere condivise nella normalità ma l’insalata di oggi è una felice cromatica eccezione:
Radicchio verde e cavolo rosso tagliati fine fine, melograno (dell'albero dell'altro nonno di cimette) e feta -che non si vede ma c’è. La cosa più lunga da preparare per qs insalata è sgranare il melograno ma, come sopra, se hai fatto Boot Camp lo sgrani con il mignolo.

martedì 20 dicembre 2011

promesse

la notizia del ferale delitto biciclico ha fatto il giro della regione approdando alla mia natia romagna dove parenti vari mi hanno mostrato il loro supporto morale. il nonno di cimette si è spinto oltre al supporto morale offrendomi la sua vecchia bicicletta ormai in disuso da anni e che riposa in garage insieme a una vecchia dispensa da cucina anni 50 completa di oblò e ventola che ho già usucapionato a mio vantaggio durante il pranzo di natale dell'anno scorso.. gioia, gaudio, tripudio!! babbo cimette penserà a metterla in ordine prima del mio arrivo per natale (non pensiate che siccome ho già preso la bicicletta non usucapionerò nient'altro) così io potrò portarla a casa e darle degno giaciglio nel parcheggio condominiale. solo che, per la legge universale del 'c'è sempre un MA', il giorno dopo questa notizia mio padre mi chiama e mi dice: "ah la bicicletta mi sa che ha anche un discreto valore, è una Ganna" seguito poi da "e ho appena letto sul giornale che sono riapparsi i ladri di biciclette [e me ne sono accorta!!] chissà quanto ti durerà!".

cara la mia nuova bici che amo già (nera, da uomo, freni a bacchetta, con almeno 40 anni di vita) ti prometto solennemente che ti proteggerò da tutti gli sguardi indiscreti, che comprerò una catena e un lucchetto degni del cuore di una principessa e che il primo che ti guarda gli usucapiono la faccia. Te lo prometto.

lunedì 19 dicembre 2011

lucciole in lanterne

per tutti quelli che pensavano che se avessi dato seguito al mio progettino di decorazioni natalizie avrei dato fuoco alla casa..nessuno aveva considerato che le lucine di natale sono studiate apposta per coesistere con alberi di plastica per cui DEVONO resistere..

d'altra parte lo diceva anche Oscar Wilde "Un'idea che non sia pericolosa, è indegna di chiamarsi idea" per cui chi sono io per non essere d'accordo con lui?

che luce sia, ma..che luce?

dialogo tra cimette e una collega qualche mese fa', quando ero ancora nel pieno delirio del trasloco: collega: "ah i traslochi sono proprio duri da smaltire, io non ho ancora i lampadari a casa mia" [comprata] cimette: "e da quanto tempo vivi lì?" collega: "3 anni".
..trascinare l'agonia dei postumi del trasloco per tre anni? piuttosto cambio casa al secondo anno. e così dopo quel dialogo poco confortante il mondo luci è diventato in quel momento il mio target, il simbolo della fine ufficiale del trasloco, un po' come quando ti metti a dieta e decidi che quel jeans stretto diventa il tuo termometro per misurare i risultati.. le luci erano diventate il mio jeans. Un jeans particolarmente stretto visto che non sono riuscita a trovare quel che volevo per svariato tempo.
Poi un giorno, suggendo la mia droga mensile da wannabe interior designer, ELLEDECOR, incrocio questa pagina:
* prego notare il mio impegno grafico nell'aver evidenziato gli elementi che hanno attirato la mia attenzione (ovvero usare le strutture di vecchie lampade come lampade stesse) con tanto di close-up per farli vedere meglio..
..la casa in questione è un loft-gioiello di una coppia di successo di creativi olandesi - lui è nella moda, lei è nell'organizzazione di eventi - i due hanno recuperato un vecchio atelier arredandolo con pezzi di design e pezzi di recupero. Se togliete il loft, l'atelier, la coppia di successo e in parte i pezzi di design praticamente è la MIA filosofia di arredo casa, io e i due olandesi abbiamo sostanzialmente la stessa visione di vita. Solo che mentre loro cercano pezzi di modernariato nei mercatini più trendy d'Europa io vado a cercare nel mio personale sancta sanctorum del recupero: mercatopoli.
E' stato un lungo cercare..soprattutto considerando che avevo ormai deciso che la lampadina da usare sarebbe stata una lampadina gigante, il che rendeva la mia ricerca della lampada alquanto difficile visto che non c'era mai lo spazio giusto tra i vari raggi di metallo..poi un giorno lei ha trovato me..infagottata in una coltre di una stoffa azzurrina con del pizzo che gridava 'lavami'..coi raggi tutti arrugginiti..mi ha trovato. Insieme a una sorella più piccola.
Le ho portate a casa, spogliate dei vestitini luridi, cartavetrate (per non perdere mai l'abitudine eh, grana 80) e infine le ho verniciate con una vernice spray Saratoga antiruggine (un po' cara ma decisamente efficace). Ora sono così sistemate:

ah che tocco di 'eclettismo creativo' come diceva Elledecor dell'atelier olandese..ah che trionfo della fantasia, ah che jeans stretto non più stretto! Devo dire che ogni volta che entro in cucina le guardo con ammirazione, quasi quasi vorrei chiamare la coppia di Amsterdam e dire loro che anche senza mercatini chic si può essere eclettici e creativi.
Per essere però veramente felice mi mancava ancora qualcosa...il lampadario della mia stanza era ancora quello ereditato dai vecchi inquilini, ovvero un filo nero con una lampadina..non potevo sostenere lo spettro dell'incompiuto..dovevo arrivare al fondo della questione luci.
..potrei rifarvi l'elenco dei giri a vuoto nei vari mercatopoli, potrei dirvi che alla fine anche in quel caso lei ha trovato me, potrei descrivervi il vestito che aveva e le fasi di ripulitura - verniciatura antiruggine ma non lo farò, voglio far parlare lei e credere che, almeno nella mia fantasia, una lampada del genere potrebbe finire su Elledecor o almeno su una limited edition di 'COSEdeCASA':

domenica 18 dicembre 2011

'promemoria' di crema di cavolo nero e pomodorini caramellati

Ieri sono andata come tutti i sabati al mercato della terra e mi sono fatta attrarre dalla verdura dell’azienda agricola Il Cucco  che aveva del freschissimo cavolo nero e altri parenti della famiglia. Dopo una fila enorme (tralascio che non avevo visto il bigliettino elimina code e ho saltato un giro come al monopoli?) arriva il mio turno e il Sig Cucco (credo sia lui) mi serve il cavolo nero, una zucca e del cavolo romano. Il tutto con un sorriso e una tenerezza che lo avrei abbracciato. Felice penso al freddo gelido che pare stia arrivando e mi beo all’idea della zuppa di cavolo nero che mi sarei preparata l’indomani, ossia oggi.
Per questa ricetta tralascio le qtà in grammi degli ingredienti perché vale un po’ la regola del ‘quanti siamo a tavola’ e/o ‘una volta che ci sono faccio provviste per il congelatore’ per cui ho usato un mazzetto di cavolo nero abbastanza grosso, un porro, due coste di sedano, 3 patate piccole, una mezza zucca (di questa posso dire che saranno stati ca.. 400 gr), un cavolo romano, un mazzetto di fagiolini, una zucchina grossa, qualche pomodorino, due cucchiai di piselli congelati (eh..mica è primavera), altrettanto di ceci e lenticchie rosse precotte (eh..mica abbiamo tutto il tempo di cuocere i ceci e le lenticchie) e un paio di dadi bio per il brodo.  Occorrono anche pomodorini per la caramellatura, del pane (meglio se integrale), qualche fettina di provola piccante e delle noci.
Una volta cotta le verdure (tempo di cottura ca.40 min) ho passato il tutto al frullatore per evitare che usando solo il minipimer il cavolo nero potesse lasciare ‘vivi’ i filamenti più duri del suo gambo (potrei uccidere per un filamento duro effetto barba di carciofo dentro una zuppa..), in questo modo si ottiene una crema veramente vellutata. Ho aggiustato di sale e rimesso in pentola a fuoco basso.
A questo punto si passa alla fase decorativa del piatto che in quanto tale è forse necessaria quanto il piatto stesso..al mercato avevo comprato anche una pagnotta di pane di farro dal Molino del Dottore perfetto per passarlo al forno con sopra della provola piccante e noci.
Mentre il pane si abbrustolisce via di caramello! In una padella mettere due cucchiai di aceto balsamico e uno di zucchero (io ho usato il fruttosio) e cuocere il composto a fuoco lentissimo, tagliare a metà - in orizzontale - i pomodorini (io ho usato i pachino, una varietà già dolce di per sé) e unirli al composto caramellato lasciando andare a fuoco basso. Quando i pomodorini cominciano ad asciugarsi diventando di un colore scuro aggiustare di sale e aggiungere una spruzzata di origano.
Versare la zuppa, aggiungere i crostini e i pomodorini caramellati e sedersi a tavola per un meritato pranzo domenicale aspettando che arrivi veramente il gelo mentre magari la selezione musicale random del tuo pc ti restituisce la versione di La vie en rose - Nataly Dawn ed è tutto perfetto.

Ah!dimenticavo…il piatto si chiama promemoria (e io dimenticavo) perché ieri il sig. Cucco nel darmi la spesa mi dice: tenga, le metto dentro sia lo scontrino che il promemoria:

ecco..io per cose così, i conti fatti a mano, i fogli a quadretti, la tenerezza di certi sorrisi, posso sciogliermi. Buona domenica sig. Cucco, il suo cavolo nero è davvero buono.

giovedì 15 dicembre 2011

quando si accende il fuoco del recupero

È qualcosa che non si può fermare. È più di una tentazione cui cedere o fingere di non voler cedere..è più di quel sottile veleno che ti si insinua sotto pelle quando alle tue amiche dici “ora è lui che deve cercarmi, non ha capito con chi ha a che fare” mentre dentro di te sai che sei tu che non hai capito con chi hai a che fare e appena uscita dall’aperitivo troverai una scusa per chiamarlo (tra l’altro aiutata dall’effetto dell’aperitivo stesso). No, quelle sono MALATTIE. Ma questa no. Questa è la tua natura che ruggisce e chiama e quando la scopri, non esiste altro.  Sei suo/a.
E così quando ti accorgi che nelle vetrine dei negozi di modernariato ti concentri sui mobili più vecchi (attenzione, non antichi) e li immagini dentro casa tua con una palette cromatica lontana anni luce da quella originale, capisci che ti si è acceso il fuoco del recycle arredo. E ti senti anche un fico pazzesco perché capisci che tu ci hai visto cose che gli altri umani non ci vedono più visto che si liberano di oggetti che tu brami.
Quando i miei occhi si sono posati su di lei era buttata in un angolo di un mercatopoli di provincia (non svelerò la provincia, è mio terreno di caccia) ed è stato un colpo di fulmine. Si presentava con un vestitino dismesso, una frangia non curata e qualche ruga d’espressione:
Ma io ci vedevo già altro, dentro di me pensavo: quest’anno va il verde salvia e anche se non va è così che io la vedo. Da questo pensiero siamo passati alla prima fase: cercare il tappezziere di fiducia che potesse toglierle il vecchio vestito sfrangiato e poi fargliene uno su misura. Una volta trovato lui (tappezzeria galletti, Marco è veramente bravo) siamo passati alla seconda fase: furia abrasiva, ovvero quando invece della palestra cartavetri forsennatamente (grana 60) una poltroncina per liberarla della vecchia vernice e della vecchia vita. Sono state ORE indimenticabili per i miei polpastrelli e anche per le mie unghie che da allora hanno deciso di mantenere un profilo basso.
Ah se solo all’epoca mi fossi resa conto che esistono: A) dei guanti appositi B) una macchinetta che cartavetra al posto delle mie mani, sicuramente mi sarei risparmiata la cancellazione parziale delle impronte digitali ma sapete..sono una purista, non credo che contemplerò mai l’opzione B mentre non essendo completamente cretina ho successivamente contemplato l’opzione A.
Ma fortunatamente dopo la grana 60 viene la grana 180, quella che pare un velo e che serve per la finitura che è come dire prima fai una maschera scrub al viso e poi ci stendi la crema lisciante. E dopo il dolore terapeutico della cartavetratura..viene la verniciatura, arriva il benedetto verde salvia:

Dopo un giretto finale da Marco in cerca del vestito l’ho riportata a casa e incoronata regina del mio minuscolo ingresso:

Ora le sto cercando un re degno del suo affascinante appeal verde salvia. Tanto ho i guanti.